Perché
l’amore esiste ed è qualcosa di realmente stupendo, ma su cosa sia ti stanno
informando decisamente male.
Nota
bene: questo post ha in sé dati demografici presi sia da wikipedia, che dal
sito ISTAT che dalla sezione del sito dell’organizzazione mondiale per la
sanità relativa all’europa; riporta anche alcune linee generali del discorso
sulle tre personalità dell’essere umano, sull’espressione degli istinti di
sopravvivenza e riproduzione nel maschio e nella femmina del genere umano, e le
definizioni di “amore” e di “dolore psicologico” che possono essere ritrovate
nei libri di Giulio Cesare Giacobbe. Di fatto, nello scrivere questo post ho
usato queste informazioni apprese da altre fonti come premesse per far capire
il ragionamento ed il percorso che portano a quella che è una mia tesi
personale.
A volte basta poco, un piccolo post può
darti l'ispirazione per trovare l'inizio adatto ad uno di quei classici
discorsi fiume in cui, proprio per tutto quello che c'è da dire, non riesci mai
a capire da che parte cominciare. Il post in questione, pubblicato da una mia
amica che si rivolgeva a suo marito, recitava così:
"Amore, mi piacciono i film romantici! Però è ingiusto: Voi guardate i
porno e almeno qualcosa si avvera... Noi no, non si avvera un bel niente!
Buuuuuuuu".
Ed
eccolo lì, lo spunto decisivo, ovvero: ancora oggi si descrive e si definisce
l’amore sulla base dello schema di comportamento romantico. Cosa che ho
sintetizzato in una risposta in cui sostenevo che Il problema stesse nel fatto
che tutto il ‘genere romantico’ trasmette un’idea dell’amore completamente
fasulla, e che la tragedia fosse che le gente, comunque, continuasse a credere che
fosse quella la realtà dell’amore.
Se
analizziamo i messaggi che arrivano da una qualsiasi opera del genere romantico
vediamo che:
1)
Si
definisce l’amore come una forza misteriosa, magica, indefinita e indefinibile
a cui non c’è modo di resistere.
2)
Si
sostiene che l’innamoramento sia la parte iniziale dell’amore che, a sua volta,
ne deve essere la naturale conseguenza
3)
Si
sostiene anche che l’amore sia tanto forte, per sua stessa natura, da vincere
sopra ogni avversità
4)
A
seconda del fatto che la storia abbia come protagonisti o persone singole o una
famiglia:
a. Nel primo caso si sostiene che
ogni tipo di comportamento sia giustificato, quando fatto “per amore” (ovvero
siccome io sono innamorato di te, vuol dire che ti amo e quindi tutto ciò che
faccio “per amore” è giustificabile)
b. Nel secondo caso si sostiene
che “la famiglia è più importante di tutto e quindi non esiste sacrificio che
per lei non possa / debba essere fatto”
Inoltre,
tutte queste opere, definiscono anche canoni comportamentali ben separati e
distinti per l’uomo e per la donna. Di fatto si sostiene che la donna debba:
1)
Essere
bella e sensuale
2)
Essere
padrona della capacità di gestire il proprio lato emozionale e sentimentale
3)
Essere
in grado di portare l’uomo a sentirsi legato a lei
In più si
suggerisce che queste caratteristiche siano innate nella donna, portando quindi
all’associazione di idee che le donne abbiano diritto all’amore solo per il
fatto di esistere.
Per quanto
riguarda l’uomo, invece, si sostiene che debba “corteggiare” la donna per
poterla “conquistare” e che, per farlo, debba dimostrare:
1)
Che
mai, in nessun caso, lui userà la forza e la violenza su di lei
2)
Che
per lui lei è l’unica donna.
3)
di
essere disposto a soddisfare ogni singola esigenza della donna in questione
4)
che
considera la donna come centro assoluto del proprio mondo
5)
che
è disposto a proteggerla facendo qualsiasi sacrificio
6)
che
non esiterebbe a tradire o ad abbandonare qualsiasi altro tipo di rapporto con
altre persone o passioni per avere la possibilità di “avere il suo amore”
In più si
suggerisce che, per l’uomo, sia premio sufficiente avere al proprio fianco la
donna per cui ha dovuto lottare quasi alla morte, creando l’associazione per
cui la donna, in quanto tale, possa pretendere che l’uomo faccia qualsiasi cosa
per lei, e che non debba chiedere nulla in cambio se non la presenza della
donna stessa e la possibilità che, per gentile concessione di lei, possa
diventare madre dei figli che lei vorrà avere con lui.
Il genere,
inoltre, definisce e da indicazioni chiare e articolate su tutti i
comportamenti definiti o romantici
(associati, quindi, alla dimostrazione d’amore) o galanti (associati, quindi,
alla dimostrazione di attenzione) che la donna deve ottenere e tra cui l’uomo
può al massimo permettersi di scegliere quali siano i più consoni al suo modo
di essere, fino all’arrivare a definire anche tutti i comportamenti che non
devono assolutamente esseri usati se si vuole “conquistare l’amore di una
donna”.
Ora, viste
queste premesse, è assolutamente ovvio il motivo per cui a qualsiasi donna
piaccia definirsi “romantica”: praticamente aderisce ad un modello che descrive
la donna come centro assoluto della vita di tutte le persone che le ruotano
attorno e da a ciascuna di queste altre persone il ruolo di comprimari /
coprotagonisti la cui funzione resta la cura e la soddisfazione dei suoi desideri. Ma il punto è che, oltre alle aspettative troppo elevate, questo schema presenta tre
grossi problemi
1)
Parte
da premesse completamente sbagliate e fasulle
2)
Genera
una delle associazioni mentali che è alla base della discriminazione femminile
3)
Non
è più neanche funzionale all’epoca e al luogo in cui stiamo vivendo.
Parlando delle
premesse, la realtà è che:
1)
L’amore
è semplicemente quella forza naturale che, da un lato, ha consentito la
sopravvivenza della specie umana e che si riassume nella frase “Io voglio
prendermi cura di te” e, dall’altro, nel momento in cui lo riceviamo, contribuisce
a formarci come persone.
2)
L’Innamoramento,
non solo non è l’inizio dell’amore, ma ne è il suo inverso, ovvero la
proiezione del nostro bisogno atavico di amore su un’altra persona e si riassume
nella frase “Io ho bisogno che tu mi ami” (ovvero che tu ti prenda cura di me).
3)
L’amore,
come ogni altra forza naturale, o viene nutrita o va ad esaurirsi
4)
Nel
momento in cui si crea l’idea che tutto è giustificabile in nome del bisogno
d’amore, si va a definire il rapporto che si viene a creare tra le persone che
sentono questo bisogno esattamente come una guerra (dove tutto viene concesso
per cercare di sopravvivere) e nel momento in cui si definisce che “per la
famiglia bisogna essere disposti a qualsiasi sacrificio”, si crea
un’associazione mentale decisamente pericolosa, per cui basta avere rapporti di
sangue per poter pretendere dai parenti qualsiasi cosa, al di là del fatto che
possa esserci o meno rispetto tra le singole persone.
A questo punto
vado ad esaminare i problemi dello schema romantico.
Il problema
delle premesse completamente sbagliate e fasulle, deriva dal fatto che il
genere romantico altro non è che l’ennesima riproposizione di un modello che
viene ripetuto ormai da quasi un millennio. Questo significa che le radici di
questo modello risalgono ad un momento dove la vita degli esseri umani era
regolata essenzialmente dalla violenza e dall’ignoranza, intesa non solo come
incapacità di apprendere le nozioni, ma anche come mancanza degli strumenti per
poter scoprire le informazioni e le nozioni corrette, che sarebbero servite a capire la reale
natura delle cose e, proprio per questo fatto, le premesse in questione sono
nate e cresciute su un terreno di nozioni false ed incomplete. Cosa che ha
generato a sua volta delle convinzioni a loro volta assolutamente incomplete e
per lo più errate. La ripetizione e la riproposizione di queste convinzioni nel
corso del susseguirsi delle generazioni e dei secoli, ha portato a far sì che
la maggior parte delle persone pensasse che quelle convinzioni fossero verità
assolute e indubitabili.
Per quanto
riguarda il secondo problema, questo riguarda il fatto che, nel genere
romantico, si vede chiaramente come la funzione dell’uomo sia quella di
accudire e proteggere la donna, ma
questo crea, come conseguenza diretta, un’associazione mentale ben precisa.
Provate a pensare alle differenze tra un bambino ed un adulto. Una di queste è
il fatto che l’adulto è in grado di sopravvivere nell’ambiente esterno anche
dovendo contare solo sulle sue forze, mentre il bambino no; in conseguenza di
questo fatto diventa chiaro che gli adulti cercano di proteggere i bambini ma,
proprio per questo istinto a volerli proteggere, l’adulto non tratta il bambino
come se fosse un suo pari e qui sta il nodo di questo secondo problema:
l’istinto a proteggere e il riconoscimento di essere alla pari partono da
presupposti che sono uno l’opposto dell’altro. Se io ho bisogno di essere
protetto da qualcuno, è perché non sono in grado di cavarmela da solo, per
tanto chi mi protegge non penserà mai che io sia un suo pari; d’altro canto,
nel momento in cui io dimostro di potermela cavare senza protezioni esterne,
allora vengo considerato alla pari di tutti quelli che sono arrivati a quel
livello, ma questo dimostra anche il fatto che io non ho più bisogno di essere
protetto. Quindi il voler insistere a mandare segnali che fanno associare
l’essere donna al dover essere protetta, di fatto, crea ed alimenta la
mentalità per cui la donna non debba essere trattata alla pari dall’uomo.
Il punto
centrale di tutto il discorso, però, sta nel discorso sulla funzionalità dello
schema di cui sopra, ovvero sul rapporto tra ciò che accadeva e accade tra
uomini e donne, e le condizioni di vita nel luogo e nel tempo esaminati. In
questo caso, il luogo che voglio esaminare è quello in cui vivo, l’Italia, e,
per farlo espongo alcuni dati che la riguardano:
1)
La
speranza di vita alla nascita, è passata dai 35,4 anni del 1880 agli 82,5 del
2010
2)
La
mortalità infantile (intesa come numero di bambini morti prima dei 5 anni di
età ogni 1000 bambini nati vivi) nel corso del tempo, si è sviluppata così
a.
1887:
347 morti
b.
1899:
300 morti
c.
1915:
250 morti
d.
1917-1918:
500 morti
e.
1920:
200 morti
f.
1940:
150 morti
g.
1947:
100 morti
h.
1959:
50 morti
i.
2011:
4 morti
3)
L’analfabetismo
della popolazione di età superiore a sei anni è passato dalla media del 78% nel
1861 alla media dell’1,3% del 2001
4)
In
Italia la scolarizzazione di massa è iniziata, di fatto, nel 1962-63
5)
I
70 anni dal 1946 ad oggi, sono stati il periodo più lungo della storia a noi
conosciuta, in cui non ci siano state guerre sul territorio dell’Europa
occidentale (Italia compresa)
6)
Il
progresso scientifico e tecnologico ottenuto negli ultimi 150 anni ha visto sia
l’invenzione di oggetti che hanno contribuito al miglioramento della qualità
della vita, sia la scoperta di molti
meccanismi sul funzionamento dei fenomeni naturali e della fisiologia e
psicologia dell’essere umano
7)
Dalla
fine della seconda guerra mondiale fino all’inizio degli anni ’90, c’è stato un
aumento costante (quando non progressivo) del benessere economico delle fasce
di popolazione con redditi medio / medio bassi e, nonostante negli ultimi 20
anni ci sia stata una costante perdita di potere d’acquisto degli stipendi, ad
oggi il tenore di vita tenuto da quelle persone è decisamente superiore al
tenore di vita che avevano le corrispettive fasce fino alla fine degli anni ’50
del secolo scorso.
8)
L’aumento
del benessere economico ha fatto sì che ci fosse una maggior diffusione dei
benefici portati dalle scoperte scientifiche-tecnologiche, e l’aumento della
scolarizzazione ha anche contribuito a far sì che un maggior numero di persone
potesse avere la capacità di accedere alle informazioni e di comprenderle.
Tutto ciò
significa che, negli ultimi 70 anni (con particolare accelerazione nell’ultimo
quarantennio) si è passati da avere un numero estremamente esiguo di persone
che avevano la sopravvivenza (e quasi sempre anche il benessere) garantiti,
contro la quasi totalità del resto delle persone che dovevano lottare
quotidianamente per la sopravvivenza, ad una situazione in cui esistono una
fascia sempre molto ridotta di picchi di ricchezza, una fascia molto più
assottigliata di persone che deve comunque lottare quotidianamente per la
sopravvivenza pura e semplice, ed una maggioranza della popolazione che, pur
dovendo lavorare per potersi guadagnare da vivere, riesce ad avere garantiti
sia la sopravvivenza che un certo grado di benessere.
Proviamo a
raffrontare la vita ai giorni nostri, con la vita in Italia fino alla fine
della seconda guerra mondiale e non possiamo non accorgerci delle notevoli
differenze che ci sono.
Innanzi tutto
ogni persona nata prima della fine seconda mondiale poteva considerarsi una
sopravvissuta e in quasi ogni famiglia c’era almeno un bambino nato morto o
morto in fasce, o comunque nei primi anni di vita, poi, al netto di ogni
considerazione di tipo politico e morale, e al di là del sesso della persona
considerata, la sua realtà consisteva di: una breve infanzia, che durava fino a
quando non avesse avuto il fisico adatto a lavorare; una giovinezza dove
comunque già doveva aiutare la famiglia lavorando; l’età adulta in cui avrebbe
a sua volta formato una famiglia, che avrebbe provveduto a curare e mantenere
col suo lavoro o fino alla sua morte o, nel caso fosse stato tanto fortunata da
diventare troppo vecchia per reggere la fatica del lavoro, fino a quando non
sarebbero stati i suoi figli a doverla accudire in vecchiaia. In aggiunta, nel
caso la persona fosse stata un maschio, avrebbe anche avuto la quasi certezza
di venire arruolato per andare combattere in una delle tante guerre che hanno
funestato la storia d’Italia e d’Europa e, se fosse stata femmina, avrebbe
avuto la quasi certezza di avere diversi parti, sperando di poter sopravvivere
a ciascuno di essi. Praticamente, eccezion fatta per i pochi anni dell’infanzia
tutta la vita di queste persone si basava sulla lotta continua e quotidiana per
la sopravvivenza, sulla fatica fisica
quotidiana di un lavoro svolto con molti pericoli e pochi strumenti (per lo più
manuali) a disposizione e sulla necessità di far sopravvivere la propria
progenie, sia per sé stessi che per la comunità in cui si viveva, sperando che
i figli potessero avere delle vite più agiate dei genitori. Tutto questo sapendo
che, in ogni momento, eventi come malattie, guerre, carestie, calamità naturali
potevano distruggere in pochissimo tempo ciò che si era costruito in anni di
lavoro. Inoltre la forte componente di analfabetismo presente nella
popolazione, unita ad una serie di conoscenze non ancora acquisite a quel
tempo, avevano come conseguenza il fatto che praticamente nessuno potesse
essere consapevole delle cause di determinati eventi, sia a livello sociale che
a livello intimo della singola persona, per cui si replicavano in maniera
costante e continua comportamenti e convinzioni che avevano, di fatto,
garantito la sopravvivenza a quelli delle generazioni precedenti che erano
riusciti a sopravvivere. Per questo, fino a pochi decenni fa, la forza e la
violenza erano considerate componenti accettabili, quando non fondamentali,
della vita degli individui e, da una parte, gli uomini erano educati e
cresciuti per esprimere la forza fisica, necessaria sia a procurarsi il cibo,
sia a difendersi dalla violenza del mondo esterno, ed a reprimere il loro lato
emotivo, perché considerato sintomo di debolezza, mentre le donne, dall’altra,
erano educate per sfruttare sia la loro sensualità che il lato emotivo sia loro
che della controparte maschile, proprio perché uno dei problemi della donna, ai
tempi, era quello di dover interagire con uomini portati all’aggressività ed
alla violenza, avendo meno forza fisica a disposizione e quindi, doveva cercare
dei modi per evitare di farne scatenare la parte violenta per cercare di subire
meno danni possibili, anche perché, fino ad una cinquantina di anni fa,
l’utilizzo della forza e della violenza a fini educativi (e questo sia in
famiglia che nelle istituzioni scolastiche) era considerato normale, quando non
addirittura necessario.
In tutto questo
contesto, per la gente comune (intesa come tutta quella fascia di persone che
non poteva permettersi di vivere di rendita) gli unici momenti in cui si poteva
vivere con gioia intensa erano, al di là degli anni dell’infanzia, decisamente
pochi ed erano quasi sempre legati a: la condivisione del cibo, nei pochi casi
in cui era in abbondanza; le feste religiose comandate, che erano occasioni
ritenute speciali, e i circhi itineranti che portavano svago con musici,
artisti e giocolieri e che, per pochi giorni l’anno, erano il centro
dell’attenzione dei paesi; gli eventi come la nascita di un figlio, un
matrimonio o il ritorno di un figlio da una guerra e poco altro, in un ambiente
dove, al di là della povertà, della fatica, e della lotta quotidiana, c’era
sempre ben poco e, proprio per questo, quando nella tua vita avevi aiutato e/o
difeso la comunità, avevi avuto figli ed eri riuscito a farne sopravvivere
almeno uno, facendolo diventare a sua volta adulto, in modo che potesse
diventare poi genitore, avevi fatto tutto ciò che la vita ti proponeva. E il
rapporto tra uomini e donne? Quando non era regolato da rapporti prestabiliti
di convenienza come i matrimoni programmati tra membri di famiglie diverse,
aveva comunque un percorso quasi obbligato, dal corteggiamento all’eventuale
matrimonio, con la famiglia delle due persone coinvolte (e spesso anche tutto
il tessuto sociale) ad esercitare spesso e volentieri forti forme di controllo
e di pressione, caratterizzate, in molti casi, da un filo conduttore comune: la
finzione e la menzogna. Tutto era basato sul presentarsi in modo tale da
impressionare l’altra persona tramite o l’enfatizzazione della propria
bellezza, o tramite i comportamenti romantico-galanti, fino al momento in cui
non scattava la molla di quello veniva creduto amore e veniva ammantato di
essenza divina e sacrale. Il successivo passo del matrimonio, da una parte
garantiva sia la sopravvivenza dei due individui che la loro riproduzione e
dall’altra imponeva un giuramento davanti alla divinità di unione e fedeltà
vita natural durante, così da rendere consci ciascuno dei due del fatto che
rompere la coppia, avrebbe significato l’essere di fatto emarginati dalla
comunità e quindi non essere più in condizioni di poter sopravvivere da soli, e
questo era il collante principale delle coppie che, pur di evitare problemi
peggiori, cercavano in tutti i modi di trovare una quadra nella quotidianità
della coppia stessa. A questo punto diventa chiaro che lo schema romantico, era
estremamente funzionale perché da una parte sfruttava appieno gli istinti
primari di uomini e donne per creare nel minor tempo possibile le condizioni
per poter garantire la sopravvivenza agli individui ed alle diverse comunità di
cui essi facevano parte e dall’altra cercava di tenerli sotto controllo tramite
il senso del dovere e il senso di colpa. Senso di colpa che veniva a sua volta
alimentato dalla differenza tra le aspettative create dal romanticismo stesso e
quello che poi era la realtà e veniva usata come arma di difesa dalla donna,
proprio per cercare di evitare, o quanto meno di limitare, le esplosioni di
violenza nei suoi confronti.
Prima di andare
ad analizzare la vita ai giorni nostri, però, voglio prima spiegare alcune cose
relative alla natura dell’amore, alla psicologia dell’essere umano e sulla
natura del dolore. In primo luogo l’amore ha due facce: la prima è quella dell’amore
donato, ovvero è la forza che spinge ciascuno di noi a volersi prendere cura di
un’altra persona; la seconda è quella dell’amore ricevuto, ovvero quella cura
della nostra persona e della nostra felicità, che ci permette di evolverci come
persone. Infatti, oggi sappiamo dell’esistenza di tre tipi di personalità: il
bambino, l’adulto e il genitore. Il bambino è la personalità ludica e
spensierata che chiede di essere protetta ed accudita; l’adulto è la
personalità in grado di provvedere a sé stessa, che affronta i problemi che gli
si pongono davanti; il genitore è la personalità compassionevole, che si prende
cura di chi gli è vicino. Ciascuna di queste tre personalità e il tassello di
un percorso di evoluzione che ha tappe obbligate, ovvero:
1)
Alla
nascita l’unica personalità sviluppata e attiva è quella del bambino
2)
In
seguito, nel momento in cui dimostriamo a noi stessi di poter sopravvivere da
soli nel mondo, si sviluppa e si attiva la personalità adulta
3)
Infine,
nel momento in cui dimostriamo a noi stessi di poterci prendere cura di
un’altra persona, si sviluppa e si attiva la personalità genitoriale
Come avviene
questa evoluzione? Tutto parte proprio dal rapporto che c’è tra amore ricevuto,
autostima, interazione col mondo esterno e capacità di donare amore (prima a sé
stessi, e poi anche agli altri). Praticamente
da una parte l’amore che riceviamo, accresce la nostra autostima, che è a sua
volta messa alla prova sia da una naturale propensione dell’essere umano a
negativizzare le situazioni, sia dall’interazione con un mondo esterno
naturalmente competitivo, dove prove, esami e giudizi possono di volta in volta
o continuare a nutrirla, in caso di successo, o a frustrarla e mortificarla in
caso di insuccesso. Questo meccanismo passa attraverso diverse fasi: la prima
in cui l’amore ricevuto non è comunque sufficiente a contrastare la spinta
dell’autostima verso il basso generata dall’ambiente esterno, in questa fase la
personalità bambina continua a chiedere amore e attenzione in maniera quasi
incessante; la seconda inizia quando l’amore ricevuto e i primi successi di
fronte alle prove che la vita ti mette davanti, riequilibrano e cominciano a
superare la spinta negativa di cui sopra, in questa fase la personalità
bambina, pur continuando a chiedere amore ed attenzione, comincia lentamente a
ridurre l’intensità e la continuità della richiesta; la terza fase inizia
quando l’autostima arriva ad un livello tale da far capire alla persona che
l’amore di cui ha bisogno per nutrire la sua autostima può generarlo e
attingerlo da sé stessa, e questa è il momento in cui si forma e si attiva la
personalità adulta; l’ultima fase arriva quando la persona sente di avere in sé
stima gioia e amore sufficienti non solo a nutrire sé stessa, ma anche a
poterli condividere con altre persone, e questo è il momento in cui si sviluppa
e si attiva la personalità genitoriale. In una persona sana ed equilibrata,
esistono tutte e tre le personalità, ed esse convivono e si alternano in modo
tale che fuoriesca ed agisca la personalità più adatta a seconda del momento e
della situazione in cui ci si trova, tenendo conto che quando una delle tre
personalità si attiva, le altre due rimangono “a riposo”.
Per quanto
riguarda il dolore, invece, o è un dolore fisico, e in quel caso è sempre
causato da agenti esterni a noi, o è un dolore psicologico, ma in questo caso
una delle leggi della psicologia dice che il dolore psicologico è causato da agenti
esterni solo ed esclusivamente quando viene causato da un comportamento
imprevisto di una persona sconosciuta, in tutti gli altri casi il dolore che
proviamo è una nostra reazione ad una realtà che non sappiamo o non vogliamo
accettare. Questo vuol dire che la vera causa scatenante del dolore psicologico
non è il comportamento dell’altra persona in sé, ma è la nostra incapacità o
non volontà di accettare la realtà che quel comportamento o quella decisione
viene a definire.
Il fatto di
apprendere e comprendere queste cose, porta ad un cambio di prospettiva
radicale rispetto a prima, proprio
perché ribalta completamente le basi su cui poggiavano le convinzioni che si
erano spacciate come verità assolute per tempo immemore: innanzi tutto diventa
palese che la personalità bambina non può amare altre persone, perché non ha
nemmeno sufficiente amore da dare a sé stessa, di conseguenza tutte le storie
che nascono tra persone che abbiano sviluppato solo la personalità bambina, non
sono mai storie d’amore reali, perché sono semplicemente la proiezione del
bisogno atavico d’amore di ciascuna delle due persone sull’altra; praticamente
il loro dire “ti amo”, equivale a dire “io ho bisogno che tu ti prenda cura di
me”, che è l’inverso della premessa necessaria perché esista una storia
d’amore, ovvero il dirsi reciprocamente “Io mi voglio prendere cura di te”;
inoltre diventa anche chiaro che tanto più è stretto il rapporto tra due
persone, tanto più, per una qualsiasi delle due, diventa privo di senso e
fasullo l’accusare l’altra di farla soffrire, perché la prima persona
responsabile del proprio dolore psicologico è proprio la persona stessa che sta
soffrendo.
Adesso, invece,
cosa succede? Succede che molte delle condizioni basilari della vita di prima
sono cambiati drasticamente.
Proviamo a
pensare alla vita di una persona nata e cresciuta dagli anni ’70 ad oggi. Innanzi
tutto, un dato: negli anni quaranta ogni centomila persone nate vive,
quindicimila morivano prima dei 5 anni di età (e andando indietro nel tempo la
mortalità era più elevata); al 2013, per contare quindicimila morti su
centomila nati vivi, si arriva ad un età compresa tra i 65 e i 69 anni (per i
maschi) e tra i 70 e i 74 (per le femmine); nel 1974, comunque, gli stessi
quindicimila morti si contavano ad un’età tra i 55 e i 59 anni (per i maschi) e
tra i 60 e i 64 (per le femmine).
Già solo questo implica che i nati dagli anni
’70 del secolo scorso in avanti hanno avuto una probabilità di arrivare all’età
adulta (intesa come età in cui si diventa indipendenti e pronti a formare una
nuova famiglia) estremamente più elevata. Inoltre la possibilità che ognuno di
noi ha avuto di andare a scuola, ha posto le basi perché ciascuno di noi
potesse da un lato apprendere nozioni e conoscenze indipendentemente dai
“racconti dei saggi” (tramite la lettura) e dall’altro potesse condividere ciò
che era venuto a sapere (tramite la scrittura). Inoltre, tra gli anni ’80 e ’90
si è reso possibile a sempre più persone di accedere a livelli di studio sempre
più elevati, portando una maggioranza di persone a conoscenza di meccanismi
come i metodi logici e scientifici, rendendo potenzialmente ciascuna di queste
persone in grado non solo di acquisire nuove nozioni, ma anche di ragionarci
sopra e di elaborarle arrivando a nuove conclusioni o scoperte, o alla
comprensione di come certi teoremi fossero stati dimostrati in passato. In più,
con la diffusione di condizioni di benessere economico e di tecnologie sempre
più avanzate è stato possibile, per la maggioranza delle persone, avvicinarsi da
una parte a diverse espressioni dell’arte (dalla musica, alla letteratura, al
cinema) attraverso cui poter nutrire anche la propria fantasia e il proprio
lato emotivo, e dall’altra alla possibilità di viaggiare non più solo per
cercare di sopravvivere, ma anche per il piacere di farlo, dando così la
possibilità concreta a molte persone di poter venire a contatto con realtà
differenti da quelle della propria comunità, arrivando quindi a potersi
confrontare con stili di vita diversi dal proprio. Infine, con mezzi quale la
televisione e la rete informatica, si è reso possibile prima il poter essere
informati di ciò che accadeva in altre parti del mondo, senza doverci essere
stati direttamente, e poi il fatto di poter essere ciascuno di noi parte attiva
del processo di condivisione delle conoscenze e dei fatti relativi al nostro
angolo di mondo.
Oltre a tutto questo, in più, ci sono state, a livello sociale, la diffusione di
nuovi metodi e di nuovi strumenti di contraccezione e, a livello di
legislazione sulla famiglia, si sono legalizzati l’aborto e il divorzio; la
conseguenza di questi eventi è stata che, di fatto, da un lato si è reso
possibile sia all’uomo che alla donna il fare sesso semplicemente per il
piacere di farlo, senza rischiare gravidanze indesiderate, dall’altro si sono
date opportunità di scelta, sia alla donna di poter decidere di portare avanti
una gravidanza oppure no, sia alle persone di poter scegliere di rescindere un
legame matrimoniale in cui almeno una delle due persone coinvolte sente che si
è arrivati alla fine. In più, nel corso del tempo, si è assistito ad una
progressiva evoluzione del pensiero e dei costumi per cui la violenza domestica
(sia fisica che psicologica) è passata da essere considerata assolutamente
naturale e necessaria, ad essere considerata qualcosa di assolutamente
sbagliato e criminale.
Tutto questo, rispetto a come era organizzata la vita
delle persone prima, ha creato una situazione per cui una grande maggioranza
delle persone ha di fronte, da una parte, la possibilità di una vita
decisamente più varia e ricca di esperienze e di possibilità di momenti di
gioia e, dall’altra, una libertà di scelta molto maggiore che assicurava anche
la possibilità di considerare che una famiglia formata potesse comunque essere un errore da cui si poteva tornare indietro. Infine, cosa
più importante di tutte, che ciascuna persona avrebbe potuto vivere la propria
vita anche senza il bisogno di avere altre persone al proprio fianco.
Analizzando quanto detto finora, diventa palese che un meccanismo di creazione
e di mantenimento di una coppia basato sulle leve di repressione degli istinti,
sfruttamento dell’eccitazione sessuale, senso del dovere e senso di colpa perde
grandissima parte della sua efficacia (ovvero non è più funzionale ai tempi che
si vivono) perché gli mancano i punti di appoggio fondamentali: dalla parte
della creazione della coppia, perde il fatto di essere vista come l’unica
situazione lecita in cui sfogare gli istinti sessuali; dalla parte del
mantenere la coppia nel tempo perde le due paure fondamentali su cui si basava,
ovvero quella di essere banditi dal proprio consorzio sociale e quella di non
poter sopravvivere nel mondo stando da soli.
Come se non
bastasse già tutto questo, però, ad oggi si sono anche indagati anche gli
istinti primari dell’animale umano (sopravvivenza e riproduzione) e si è visto
che hanno meccanismi di attivazione differenti nel maschio e nella femmina, ma
che sono accomunati da un metodo comune, ovvero: la poligamia – poliandria. Questo
perché, parlando delle origini della razza umana, in quel periodo si aveva, da
un parte, un grado di sopravvivenza dei neonati inferiore a 1 su 10, e
dall’altro il fatto che le femmine umane difficilmente arrivavano a partorire
più di tre volte nel corso della loro vita, per cui, per
avere la certezza della salvaguardia del proprio patrimonio genetico, il maschio cercava di
fecondare più femmine possibili, mentre la femmina cercava di tenersi vicino più maschi possibile che proteggessero sia
lei sia la sua prole. Questo era reso possibile da un altro fatto, ovvero che
la molla che faceva scattare l’eccitazione sessuale nel maschio è il senso
della vista, per la femmina è il senso del tatto. Praticamente quando dei
maschi vedevano una femmina si eccitavano sessualmente, si scatenavano gli
ormoni che portavano i due (o più) maschi a competere tra di loro mentre la
femmina, osservando la competizione, giudicava quale fosse il maschio più in
grado di dominare l’ambiente circostante (e che quindi garantiva la maggior
probabilità di sopravvivenza della prole) e a quel punto lasciava che l’elemento
scelto si avvicinasse e lei e potesse toccarla. A quel punto era la femmina ad
eccitarsi, avveniva l’accoppiamento e da lì l’istinto femminile di
sopravvivenza si accendeva e portava al tentativo di tenere il maschio legato a
sé per far sì che la proteggesse. Quindi la realtà dei fatti è che quando i
maschi umani chiedono sesso e le femmine umane chiedono cura, aiuto e protezione,
entrambi non sono altro che individui allo stadio animale sotto l’influenza del
loro meccanismo di attivazione degli istinti primari comuni.
Infine, e questa
è un qualcosa che è stata scoperta essere comune a tutti gli esseri umani (sia
maschi che femmine), sono in grado di produrre, a livello cerebrale, un
neurotrasmettitore endogeno noto come dopamina che, per sue caratteristiche
fisico-chimiche, genera la sensazione che viene definita come “felicità” e crea
dipendenza. Si può quindi asserire che gli esseri umani sono dipendenti dalla
felicità e, di fatto, tanto più una persona è felice della situazione che sta
vivendo, tanto più cercherà non solo di conservarla immutata, ma anche di
riproporla più volte possibili; d’altro canto è altrettanto vero che una
persona cerca di cambiare la situazione in cui si trova a vivere solo quando
non è felice di ciò che sta vivendo. E qui sta un altro nodo cruciale: un
legame di coppia in cui ciascuna delle due parti rende felice l’altra persona,
diventa estremamente più forte e stabile di un legame basato sul senso di colpa
e sul senso del dovere, proprio perché la felicità che ciascuno prova
all’interno di una relazione, oltre a nutrire la propria soddisfazione
personale, diventa anche lo stimolo per rinsaldare e rinforzare quotidianamente
il legame con l’altra persona, creando un circolo virtuoso in cui le due
persone sono reciprocamente portate a scegliersi giorno per giorno, perché
ciascuna delle due è soddisfatto sia dalla felicità ricevuta dall’altra
persona, ma anche dalla felicità donata all’altra persona (ed è proprio questo
il meccanismo attraverso cui si nutre l’amore).
E a questo punto c’è anche
l’ultima considerazione, ovvero il come rendere felice la persona che ci sta
accanto, cosa che è resa possibile da un altro ribaltamento delle logiche
iniziali del romanticismo, in particolare quelle logiche legate al
corteggiamento per cui, ciascuna delle due persone, dovesse utilizzare
comportamenti e atteggiamenti volti a “impressionare” l’altro e che quindi, per
loro stessa natura, erano delle maschere dietro cui nascondere la propria
natura profonda; infatti, nel momento in cui ciascuno di noi sceglie di avere
con l’altra persone un tipo di comunicazione aperta e sincera, senza nascondere
aspetti della propria personalità, da di fatto all’altra persona un quadro
chiaro e limpido di ciò che è, e questo fa sì che l’altra persona venga a
conoscenza di tutte le caratteristiche (sia positive che negative), e di tutto
ciò che ci rende felici, per cui si danno all’altra persona tutti i mezzi per
poterlo fare e, nel momento in cui due persone si amano realmente (e sono
quindi portate a volersi prendere cura l’uno dell’altra) hanno realmente la
possibilità di consolidare il loro legame a prescindere da qualsiasi influenza esterna.
Questo non vuol dire che in una coppia di persone che si prendono
reciprocamente cura di loro stessi, non ci siano mai situazioni problematiche,
di tensione o di conflitto, ma il punto è che, basando il rapporto di coppia su
una comunicazione aperta e sincera da parte di entrambe le parti, questa ha
sempre la possibilità di chiarirsi e di trovare una soluzione del conflitto in
modo che la coppia continui a rimanere stabile, almeno fino a che l’infelicità
causata dai conflitti interni alla coppia non diventi superiore alla felicità
che ciascuno dei due riesce a dare all’altro.
In conclusione, ciò
che voglio dire è che, al giorno d’oggi, vedo chiaramente la concreta
possibilità per la maggioranza delle persone comuni (uomini e donne) di poter
vivere pienamente una vita cosciente, consapevole e felice. Una vita non basata
sulla menzogna, sulla violenza e sui rapporti di forza, ma basata sulla
reciprocità della fiducia, della voglia di mostrarsi, di conoscersi e di
accettarsi per come si è. Una vita dove una grandissima maggioranza di persone
si possa realmente prima costruire come individuo indipendente dalle altre
persone, per poi arrivare a costruire dei legami basati sulla reciproca
condivisione della propria individualità e sull’amore, inteso come una
reciproca volontà di prendersi cura l’uno dell’altro sia della propria
sopravvivenza che della propria felicità, e non come un reciproco pretendere
che sia l’altro a prendersi cura di te. E tutto ciò è di fatto possibile nel
momento in cui una persona decidesse di vivere nutrendo non solo gli istinti
tipicamente animali della sopravvivenza e della riproduzione (comunque
necessari), ma anche l’istinto, tipicamente umano, della curiosità, della
voglia di conoscere e di comprendere l’ignoto, sia che riguardi sé stessa, sia
che riguardi le persone, il mondo e gli orizzonti attorno a sé. Dico questo
perché oggi ci sono realmente tutti gli strumenti, sia a livello di conoscenze
che a livello di capacità di diffusione delle informazioni e di capacità di
apprendimento, sia a livello di capacità economica di garanzia della
sopravvivenza, che di accesso alle tecnologie per reperire le informazioni.
Abbiamo un’occasione veramente splendida e questo lo so perché l’ho vissuto
sulla mia pelle, cercando la mia strada e trovandola in una direzione che era
completamente diversa da ciò che mi dicevano le persone attorno a me che
sostenevano in coro praticamente unanime “che dovevo comportarmi come gli altri
ed adeguarmi” e mi intristisce profondamente il vedere che, molte persone,
nonostante questa possibilità, continuino immancabilmente a vivere rimanendo
ferocemente ancorate ed inchiodate a schemi mentali e di comportamento che
replicano una vita in balia di istinti e pulsioni animali, salvo poi
lamentarsene perché non è come immaginavano che fosse.